Sergio Soldano, nato il 29 novembre del 1960, argentino di nascita, ligure di adozione, è stato calciatore a buoni livelli in patria. Terza serie con il Flandria di Jaureguì, seconda divisione con il Banfield, ed a diciotto anni l’esordio nella serie A argentina con il Colon de Santa Fè in cui milita per sei anni. In questo periodo conquista la maglia della nazionale Under 20, sotto la guida di Cesar Menotti (el Flaco), come compagni di squadra ha Pedro Pasculli, ed un certo Maradona Diego Armando. L’albiceleste di categoria, nel 1979, stava preparando i mondiali di Tokio, Soldano e Pasculli furono sostituiti da Juan Barbas e Ramon Diaz proprio all’ultimo momento. Nel 1985, complice la crisi in Sud America, Sergio Antonio Soldano si trasferisce in Italia ma le difficoltà nell’ottenere la cittadinanza e i soli due stranieri tesserabili nei professionisti, lo portano a scegliere una carriera in Interregionale, prima nell’Alba e poi alla Carcarese dove decide di mettere su famiglia.
Brevi parti dell’intervista con Mr. Soldano abbiamo scelto di lasciarle nella sua lingua originale, per darvi la possibilità di viverla al meglio, proprio come se foste presenti all’incontro.
“Buongiorno Mr. Soldano, come va?”
“Bene dai, come sempre correndo, insomma una vita da mediano”
“ Pensa Mr. Che una delle domande che avevo preparato per te, era se ci fosse un legame tra musica e calcio e tu mi hai anticipato con una citazione musicale”
“ Beh il calcio come era solito dire Menotti, è una bella orchestra dove ognuno suona uno strumento, nell’orchestra c’è chi suona il violino, chi il basso, e così nel calcio c’è chi gioca di fino e chi è “ruspone”. Il calcio è stretto parente dell’arte, così come della musica. Un famoso comico Argentino, di Rosario, la città del calcio per eccellenza, dove giocano Newells Boys e Central, da dove uscì Bielsa, per capirci, ha realizzato uno spettacolo dove si racconta la realtà del futbol nella città di Rosario, dove al sabato e alla domenica gente di qualsiasi età si riversa sui vari campi presenti e fatica a trovare posto per giocare, perché è una vera e propria invasione. E proprio in uno di questi campi, il comico El Negro Fontanarossa, impersona un anziano signore che assiste ad una di queste partite e viene raggiunto da un giocatore che si fa male e che sedendosi vicino a lui gli rivolge parola chiedendogli se sapesse il risultato tra Rosario Central e Cordoba, la risposta dello spettatore stupì il giocatore infortunato “No no, alla radio sto ascoltando musica classica” e dopo un attimo di silenzio “ il calcio è molto imparentato con la musica e l’arte, guarda per esempio il portiere, sembra una scultura, è di origine indiana, ma ha dei lineamenti bellissimi, incredibili. Guarda adesso la pittura in quel calcio d’angolo, le maglie gialle sudate sembrano quasi arancioni e si mischiano con quelle celesti degli avversari come fossero parte di un quadro. Guarda la danza, guardala nell’armonia della corsa e dello stacco per colpire di testa che bel giro che fa in aria. Senti la musica, senti il fischio dell’arbitro, il rumore dei tacchetti d’alluminio, il fischio del vento, il suono del pallone colpito dai giocatori, i canti del pubblico. E ora la commedia e la tragedia insomma, il teatro, quel giocatore caduto in area come grida, come si contorce quasi lo avesse morso una tarantola, e tutti gli altri, complici, intorno all’arbitro a far casino”. Fa una lunga pausa si alza e chiede al giocatore “Ma ha fischiato rigore?” “Si, si,è rigore” rispose il sempre più esterrefatto infortunato. In quel momento, quel poetico vecchio si alza e comincia ad insultare l’arbitro, la madre dell’arbitro, bestemmiando i peggiori epiteti possibili e l’allibito giocatore infortunato gli chiede: “ E questo… cosa è?” “Esto es el futbol” risponde il vecchio.
E che giocatore eri mr?
Giocavo davanti alla difesa, come mediano, un po’ simile a Busquets, lui ha molta più sensibilità nel piede sinistro, io usavo molto l’esterno ed ero molto più forte di testa. Però lui gioca nel Barcelona e io sono seduto al tavolo a fare l’intervista con te, ero un giocatore fine e duro allo stesso tempo, suonavo il piano, ed a volte dove suonare i piatti i platillos, boung, boung!
Mister, hai giocato con giocatori bravissimi, ma ci racconti com’era giocare con Maradona, quanti strumenti suonava Dieguito?
Diego suonava todos los instrumentos posible, per questo era il mehor al mundo. Suonava gli strumenti più forte, meno forte, più dolce, meno dolce, ma sobre todo suonava uno strumento particolare che aiutava tutti gli altri strumenti, che era la sua personalità, il suo carisma. Dovevi stare attento a non restare ipnotizzato da Diego, perché rischiavi di non giocare più te. Era come calarsi in un film in cui Diego era protagonista ed avendocelo vicino non aspettavi altro che toccasse il pallone, lo guardavi fare la giocata e proprio come in un film aspettavi il replay, l’avresti voluta rivedere, speravi che ogni compagno gli passasse la palla per guardarlo giocare, perché sicuramente avrebbe fatto qualcosa di bellissimo.
Bellissimo è ciò che hai detto mr, mi hai fatto venire i brividi, poi è passato ad allenare, che tipo di allenatore era?
Quando si allena, si diventa direttore d’orchestra, ma ricordiamoci sempre che il gioco lo comanda sempre il giocatore. Per esempio, ieri, nella partita tra Atletico Madrid e Juventus, c’erano due direttori d’orchestra molto dissimili tra loro, uno, il Cholo Simeone, è un sanguigno nei comandi, nei gesti, nel preferire suoni forti, potenti, da parte della sua orchestra, suonano tutti aggressività. Dall’altra parte un direttore d’orchestra calmo, che affida il suo calcio a pittori come Dybala, Ronaldo, Pianic, e l’orchestra diventa una fusione tra suoni forti con Chiellini e Bonucci e più soavi con altri. Insomma due opposti come Conte a Prandelli, oppure Sacchi a Zeman, i primi che seguono il gioco con comandi continui e i secondi dove danno libertà al giocatore di esprimersi. Oggi basta vedere come stanno in panchina due grandi allenatori come Guardiola con la sua eleganza ed il suo aplomb, e il tedesco… Klopp con la sua esuberanza, la sua grinta. Io concordo con Simeone, un allenatore sta in panchina, come è uomo nella vita, io non potrei mai essere come Menotti, lui si siede, e guarda la partita nel suo svolgersi, io sono un interventista, uomo di sangue, non riuscirei mai a snaturarmi, devo essere come sono, non posso prendermi in giro.
Hai girato il mondo, Cina, Africa, Europa come cambia la musica, se cambia, in questi posti lontani da noi?
Lo spartito è sempre uguale, il calcio è uguale in ogni dove, sono gli ambienti esterni che modificano il gioco. L’africano per esempio gioca senza scarpe, spesso con una sola, muovendosi con armonia, con musicalità corporea, sembrano danzare con “sofrimento” perché sentono dolore a correre e calciare senza calzature, ma con la gioia sul viso di chi si diverte a giocare. In Cina, invece, sono più strutturati, armoniosi, ma legati alla rigidità del loro sistema di vita, nella quale tutto è preciso, nulla deve uscire dallo spartito. In Africa lo spartito non esiste, si salta da un foglio all’altro senza programmazione. In Argentina, invece, si respira danza, ma agonistica, tanto che un famoso psicologo ha definito il calcio in questa maniera “è la lotta di 22 fratelli per il corpo della mamma” la mamma è la palla, ovviamente. E comunque in ogni paese che andiamo ad analizzare troviamo che lo scopo comune è la lotta per la “bola”, che deve essere conquistata. Incredibilmente questa lotta, questo accanimento per la conquista della “mamma” porta anche i fratelli a non riconoscersi più, e purtroppo anche a trascendere nel contorno fino a creare episodi spiacevoli come gli ultimi accaduti tra i tifosi di River Plate e Boca Juniors, e pensare che la palla non c’è in tribuna, la palla è solo in campo, ma il calcio è anche questo. Invece in Slovenia, in Serbia, ehhhhh, (mr. Soldano fa un lungo sospiro, tipico di persone che hanno visto cose che non avrebbero mai voluto vedere), quando andammo con l’Inter, c’erano moltissimi ragazzini a cui mancavano gli arti inferiori, causa le mine anti uomo che furono lasciate dopo la guerra fratricida, giocavano con una gamba sola, aiutati dalle stampelle, ed anche lì c’era musica, quel suono che veniva fuori dalla gioia del gioco e dal dolore di una guerra appena passata. Pensare che spesso si giocava con le porte costituite da due lapidi, spesso facemmo gli allenamenti nei cimiteri di guerra, e nonostante tutto il calcio, anche in quell’ambiente, spargeva nell’aria la sua musica.
Sergio, ancora due cose ero curioso di sapere, la tua esperienza a Malta con le nazionali giovanili, e quella odierna dove organizzi corsi formativi, trasmettendo il tuo sapere. So che stai preparando un corso in Piemonte, il 6/7 luglio con allenatori del Barcelona e con il tuo amico Massimo De Paoli.
L’esperienza di Malta è stata bellissima, nonostante la difficoltà di trovare, in un paese così piccolo, undici, o meglio diciotto giocatori che riuscissero ad affrontare potenze del calcio mondiale, come Spagna, Portogallo, Olanda e la stessa Italia. Abbiamo lavorato sodo per sei anni e mezzo facendo sudare Nazionali affermate, ricevendo molti complimenti, e lavorando soprattutto per cambiare su una mentalità tipica di chi vive su un’isola, così piccola. Abbiamo giocato 74 partite internazionali, vivendo ragazzi e staff in maniera profonda, un’esperienza personale che mi ha arricchito molto, un grande tesoro emotivo da portare con me. Mi definisco un formatore, piuttosto che allenatore, non mi stanco mai di cercare di perfezionare il giocatore con cui sono a contatto. Mi sono accorto che in tutto il mondo i ragazzi vogliono le stesse cose, la musica è sempre quella, vogliono giocare, e vogliono qualcuno che gli insegni a giocare. Per quanto riguarda la formazione degli allenatori stiamo lavorando per l’evento del 6/7 luglio con uno stage internazionale per allenatori, l’undicesimo, che si terrà in basso Piemonte. Dopo aver invitato Aiax, Real Madrid, Benfica, Atletico Madrid, CSKA Mosca, quest’anno abbiamo con noi il Barcelona Under12 e quello femminile, per vedere come una società organizzata come il Barca, differenzia la formazione a seconda del sesso.
Bene Mister, devo dire che è stata una chiacchierata affascinante, grazie della tua enorme disponibilità.
Grazie a voi, ciao.