Si ammaina un’altra bandiera, Pietro hai dunque deciso di smettere?
Sono anche io arrivato a fine corsa, ho deciso di smettere un po’ per i problemi fisici che hanno contraddistinto le mie ultime 3 stagioni e un po’ perché ho altre priorità, ho 36 anni, è giusto così. Mi piacerebbe che leggendo questa intervista, i compagni di squadra del passato tirassero fuori aneddoti della mia carriera, unita alla loro. Per chiudere in bellezza, con delle risate.
Cosa ti lasci alle spalle dopo tanti anni su un campo di calcio? Non hai mai smesso, anche se il lavoro, nel calcio, quello vero di Serie A, ti ha assorbito molte energie.
Mi lascio alle spalle 30 anni di calcio, un passione fortissima, trasmessa da un padre che non c’è più che mi ha insegnato che il calcio è ben più di una palestra di vita. E’ così, il dilettantismo è stato per me un’ancora di salvataggio nei momenti bui della vita. Grazie al calcio ho conosciuto centinaia di persone, ho ampliato le mie conoscenze, ho ricevuto tantissimo. Ho avuto pochi screzi con i compagni di squadra avuti, specie negli ultimi 10 anni mi sono cucito addosso il ruolo di “chioccia” per i più giovani e mi auguro di aver trasmesso qualcosa a tutti i ragazzi che hanno giocato con me.
Tante squadre, poche delusioni, molte soddisfazioni…
Carignano, San Fruttuoso, Elisis Olimpia, Cisa, Vecchio Castagna, Atletico Quarto, Siri, Pieve e soprattutto Borgo Incrociati. Ne ho vestite di maglie e mi sono tolto sì grandi soddisfazioni. Sono retrocesso una sola volta e purtroppo all’ultimo atto, quest’anno. Ma le soddisfazioni sono state tantissime. Il soprannome ‘boia’? Non sono mai stato un gentleman in campo, ma ho sempre stretto la mano agli avversari a fine partita. Anche dopo sconfitte umilianti. Ci sono giocatori che mi hanno odiato da avversario e che poi hanno scoperto, giocando poi in squadra con me, una persona appassionata e di cuore…una delle mie vittorie!
Quali sono i compagni di squadra e le persone che ti hanno lasciato qualcosa più di altri?
Ho giocato con tantissimi giocatori di livello. Il più forte di tutti Matteo Carretta e ho sempre ammirato la professionalità di ‘Ragno’ Formoso, un amico con cui non ho mai avuto il piacere di giocare: ha sorpassato un grave lutto familiare anche scaricando le tensioni sul campo, ammirevole ed esemplare. Ricordo con affetto la coppia gol Cavo-Giurintano, la simpatia del Cobra Staiolo, l’improbabile tandem di allenatori Scotto-Costa all’Elisis come Torrente e Lavezzini. Il gruppo più incredibile? Quello del Siri, dei ‘porporati’, allenato da Misurale, con Ramos, Molini e Pozzo a recitare la parte dei leoni nello spogliatoio.
Però il Borgo Incrociati è il Borgo Incrociati. Se si pensa a Pisano, si pensa al Borgo Incrociati…
Il Borgo merita un discorso a parte. In questa stagione è mancato tutto: dalla Società, alle risposte sul campo di noi giocatori passando per le scelte discutibili degli allenatori che si sono avvicendati. Una stagione da cancellare. Abbiamo fatto ricorso a gennaio a un mercato che ha portato in casa elementi di esperienza come Gazzano, che a febbraio si è permesso di etichettartici come “squadra di dilettanti” e ci ha voltato le spalle, consegnando la sacca. Ecco, basta questo per riassumere una stagione da dimenticare. Ma Marchese è un presidente dalle mille risorse e assieme a Bennati risolleverà il gruppo, ci spero! Gli anni dei trionfi in rossoblù sono indimenticabili, al fianco di storici compagni quali Bottaro, Barabino e Ubi Marchesi, con cui gioco assieme dall’età di 6 anni. Orgoglioso di aver partecipato e scritto tutte le più importanti pagine della storia di questo Club.
Qualche rammarico?
Di non aver potuto rispettare 4 anni fa l’accordo con il Pieve in 1a Categoria del presidente Poroli, che stimo tantissimo, ha una passione forte, idee chiare e un grande settore giovanile. Decisi di trasferirmi a Milano e fui costretto a gennaio ad abbandonare la nave. L’altro di non aver potuto essere allenato di più da mister Garaventa, che al Borgo fece miracoli. Anche se non ti schierava, ti faceva sentire parte di un gruppo granitico, di un quadrato romano da battaglia.
Cosa ti lasci alle spalle dopo così tanti anni?
Una generazione differente dalla mia, meno appassionata, meno incline alla socializzazione, alla sacrosanta birra e pizza dopo l’allenamento. C’è poca voglia di stare assieme, gli spogliatoi erano luoghi sacri, oggi violati dai social, dalla telefonia. Smetto anche per questo, come altri coetanei non mi identifico più nel dilettantismo di oggi. Smetto però col sorriso tra le labbra. Augurandomi che, se mai avessi un figlio, possa rivivere ogni singola emozione che mi ha trasmesso quel maledetto rettangolo verde! Grazie a tutti, Pit si ferma qui.