Una carenza di impianti sportivi nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord, una riconferma sulla correlazione tra i livelli di sedentarietà nelle regioni italiane e il numero di impianti sportivi pro-capite e del suo impatto sociale ed economico sul sistema sanitario nazionale, un’accessibilità agli impianti che risulta purtroppo ancora limitata per le persone con disabilità, la predominanza di strutture di dimensioni contenute e di proprietà pubbliche, un divario ampio tra alunni e studenti del Nord con quelli del Mezzogiorno che frequentano scuole la cui stragrande maggioranza è priva di palestra.
È quanto è emerso dal Rapporto condotto dalla Svimez e dalla Uisp, con la collaborazione di Sport e Salute presentata questa mattina a Roma nella sala WeSportUp al Foro italico, dove sono intervenuti il presidente di Sport e Salute Spa Marco Mezzaroma, il presidente della Uisp Tiziano Pesce, il direttore della Svimez Luca Bianchi, il presidente dell’Istituto di Credito Sportivo, Beniamino Quintieri e la curatrice della ricerca Serena Affuso (ricerca realizzata insieme a Gaetano Vecchione).
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Una fotografia quella presentata oggi, la prima dopo lo shock pandemico che ha investito in maniera significativa il settore nell’ultimo triennio, sull’offerta degli impianti e dei servizi sportivi nelle regioni italiane, rappresentando il punto di vista specifico e aggiornato degli operatori: gestori e proprietari di impianti sportivi, attraverso una survey e tre sessioni di focus group.
''Siamo felici di aver contribuito a questa ricerca - dice Marco Mezzaroma, presidente di Sport e Salute - Questa iniziativa fa parte di una più generale di cui siamo stati investiti dal Governo e dal ministro per lo Sport per aggiornare il censimento del 2020 degli impianti sportivi. Abbiamo censito più di 77mila impianti, stiamo aggiornando la ricerca con un focus particolare su quelli dismessi e non ultimati, partendo da Caivano, il progetto di ristrutturazione, anche sociale, che investe più in generale il Parco Verde. Quella dell'impiantistica sportiva è la madre di tutte le questioni; c'è carenza di impianti nelle scuole e c'è un grande divario tra Nord e Sud. Quello che dobbiamo fare tutti insieme, che è la missione di Sport e Salute, è risolvere questo problema''.
“Occorre che le politiche pubbliche intervengano per correggere gli squilibri tra Nord e Sud e per garantire diritti uguali per tutti i cittadini – ha detto Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp - Lo sport è un indicatore di benessere, di coesione sociale, di partecipazione. Per arrivare a considerare lo sport come vero diritto di cittadinanza, di rango costituzionale, c’è bisogno di scelte politiche nuove. Il Rapporto che presentiamo ci indica chiaramente la strada: passare da una concezione di welfare di protezione ad una idea nuova di welfare di promozione, di sviluppo, di innovazione. In questo senso lo sport, in quanto impianti e servizi, oggetto del Rapporto, è anche occasione di lavoro per gestori, operatori, organizzatori, istruttori”.
Per il direttore della Svimez, Luca Bianchi, "Dobbiamo evitare che anche lo sport diventi elemento di disuguaglianza, mentre rimane fondamentale per la sua funzione sociale ed educativa. Lo sport è anche un pezzo della strategia sanitaria italiana, perché dove si fa più sport c'è una salute migliore. La frammentazione dell'offerta è molto forte tra i territori, oltreché tra nord e sud. L'investimento sugli impianti e sui servizi sportivi è parte delle politiche di sviluppo del Paese: servono risorse per costruire nuovi impianti, ma anche per garantirne la gestione. L'accesso allo sport deve diventare un diritto garantito come Lep-Livelli essenziali delle prestazioni. È necessaria poi una assistenza tecnica per i comuni che devono realizzare i progetti, seguendo il criterio del fabbisogno e non solo della capacità di vincere i bandi. Infine, un plauso per le società sportive, che tra molte difficoltà si rivelano attori sociali fondamentali sul territorio".
“Come emerso dal Rapporto Uisp, Sport e Salute, Svimez gli Enti locali sono proprietari del 63% degli impianti sportivi del Paese e sono i primi a necessitare del supporto finanziario per favorire la riqualificazione e l’ammodernamento degli stessi – dice presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo, Beniamino Quintieri - ICS, banca pubblica leader nel finanziamento dell’impiantistica sportiva, ricopre un ruolo centrale grazie ai suoi finanziamenti agevolati con tasso di interesse completamente abbattuto rivolti agli Enti locali, in un periodo caratterizzato dalla crescita vertiginosa dei tassi di interesse sui mutui. ICS fornisce un fondamentale sostegno economico non solo alle Amministrazioni locali ma anche alle Federazioni Sportive, agli Enti di Promozione e a tutto il mondo associativo delle ASD e SSD, che rappresentano la spina dorsale del mondo dello sport e della promozione sportiva”.
ECCO UNA SCHEDA SINTETICA SUL RAPPORTO
Si conferma il problema sedentarietà al Sud
I più recenti dati ISTAT del Rapporto BES - Benessere Equo e Sostenibile 2022 aggiornano e confermano i dati dell’Indagine Svimez-Uisp 2021, anzi vedono, dopo la pandemia, addirittura un aumento del tasso di sedentarietà in Italia nella popolazione sopra i 14 anni salito al 36,3% rispetto al valore registrato pre-pandemia nel 2019 del 35,5%, con conseguenti costi sociali evidenti sul Sistema sanitario nazionale. Il dato è trainato dal Mezzogiorno dove il tasso di sedentarietà peggiora e sale al 52,2% nel 2022 (+ 3% rispetto al 2019) mentre nel Centro-Nord il valore resta più stabile intorno al 30%. Più precisamente nelle regioni del Centro si è verificata una diminuzione dei sedentari (33,3% nel 2022; -1,8% rispetto al 2019) mentre in quelle settentrionali un lieve aumento con una quota del 33,3% (+0,5% rispetto al 2019). Le peggiori performance si confermano al Sud in Calabria (58,2% di sedentari), Sicilia (57,7%), Campania (53,5%) e Puglia (53,4%).
Gli italiani preferiscono praticare sport in aree verdi e centri sportivi
Anche sui modi di praticare sport i dati mostrano un ritorno alle tradizionali abitudini degli italiani pre-pandemia. Su un campione di oltre 1.800 individui era emerso che prima del lockdown e delle successive restrizioni oltre la metà degli italiani con più di 16 anni (il 53%) praticava sport in impianti sportivi, il 40% all’aria aperta e il 7% presso la propria abitazione, mentre la quasi totalità dei minori (circa il 90,6%) praticava sport in impianti sportivi, con quote residuali per la pratica all’aria aperta (7,8%) e a casa (1,6%).
Impianti sportivi
Il Censimento Nazionale degli impianti sportivi realizzato da Sport e Salute Spa e concluso nel 2020 ha rilevato che più della metà delle strutture sportive pubbliche e private di interesse pubblico sono collocati al Nord (52%), il 22% al Centro e il 26% al Mezzogiorno. Hanno partecipato alla survey realizzata da Svimez e Uisp oltre 1.000 gestori e proprietari di impianti sportivi collocati per il 53% al Nord, 27% al Centro e 20% al Mezzogiorno.
La carenza degli impianti sportivi nelle scuole del Mezzogiorno
Dai dati del Ministero dell’Istruzione sulle infrastrutture scolastiche (2022), emergono inoltre rilevanti carenze infrastrutturali riguardanti l’impiantistica sportiva scolastica sul territorio nazionale e nel Mezzogiorno. Solo 4 edifici scolastici su 10 sono dotati di palestra in Italia. Più nel dettaglio, circa 550mila allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno (66% del totale) frequentano scuole che non sono dotate di una palestra. Solo la Puglia presenta una buona dotazione di palestre mentre registrano un netto ritardo la Campania (170mila allievi senza palestre, 73% del totale), la Sicilia (170mila, 81%), la Calabria (65mila, 83%). Nel Centro-Nord gli studenti senza palestra corrispondono al 54%. Non molto diversa la situazione relativa alla scuola secondaria di I°grado nel Mezzogiorno dove il 57% degli alunni frequenta una scuola senza palestra. Sono circa 328mila allievi in tutto il meridione con il preoccupante caso della Basilicata (87% degli allievi senza palestra) e poi della Calabria (77%) e Sicilia (74%). Anche nella scuola secondaria di II° grado il 57% degli alunni del Mezzogiorno non frequenta una scuola dotata di palestra. Sono circa 550mila allievi in tutto con punte altissime in Basilicata (82% pari a circa 22mila studenti) e significative in Sicilia (64%, 145mila studenti) e Campania (65%, 45mila studenti). Vanno, inoltre, segnalate l’obsolescenza e la vetustà delle strutture sportive la cui costruzione risale prevalentemente a prima degli anni Ottanta (circa il 60% degli impianti italiani) con impatto importante sui costi di manutenzione.
Costi energetici, rincari materie prime e tariffe: rischio esclusione sociale
Questa fragilità strutturale è ulteriormente aggravata da fattori congiunturali. Gli strascichi della pandemia hanno contribuito alla diminuzione del numero dei tesserati, dei partecipanti alle iniziative sportive. A ciò si sono aggiunti i rincari dei costi dell’energia e delle materie prime dovute al conflitto russo-ucraino. Gli alti investimenti straordinari necessari per ammodernare le strutture e i costi di gestione ordinaria in aumento inducono un rialzo delle tariffe per gli utenti e mettono a rischio la fruibilità e la sopravvivenza stessa delle strutture. Gli investimenti e gli interventi nell’impiantistica sportiva pubblica appaiono cruciali per favorire la pratica sportiva sia per le categorie di soggetti fragili e a rischio di esclusione sociale che per il target più giovane di bambini e ragazzi. Il PNRR, che si rivela anche in questo caso un’occasione da non perdere, ha previsto risorse aggiuntive pari a 300 milioni di euro.
Il raffronto con l’Europa
Seppur con un aumento in valore rispetto al 2020, l’Italia registra nel 2021 una spesa in servizi e ricreativi pari a 5,3 miliardi, pari allo 0,5% della spesa totale e 0,3% del PIL. Se consideriamo la spesa in valore, si tratta delle più alte in UE dopo Francia (13,2 miliardi di euro) e Germania (9,8 miliardi di euro), se invece consideriamo la quota percentuale di spesa dedicata a servizi ricreativi e sportivi sul totale della spesa pubblica l’Italia si colloca al di sotto dei valori mediamente registrati in UE, tra l’Austria, la Slovenia e la Germania, ben lontano da Paesi quali la Francia, (0,9%), Spagna (0,8%) e Portogallo (0,8%).
Caratteristiche e gestione degli impianti sportivi
Gli impianti sportivi analizzati sono prevalentemente strutture di proprietà pubblica affidati alla gestione di privati (il 63,17% del campione). L’ente prevalente a cui praticamente tutti gli impianti sportivi pubblici in gestione appartengono è il Comune in cui sono situati. Dalla ricerca è emerso come la durata e il rinnovo dei contratti di gestione sia percepita come cruciale per gli operatori di settore per pianificare investimenti e attività nel medio e lungo periodo. La maggior parte dei contratti di gestione del campione dei rispondenti (il 65,5%) ha una durata inferiore ai 10 anni, nello specifico il 31,1% dei contratti è inferiore ai 4 anni e il 39,4% è tra i 5 e i 9 anni. Sempre con riferimento al dato nazionale, il 15,4% dei rispondenti ha dichiarato di avere in essere un contratto di concessione tra i 10 e i 14 anni. Poco più del 12,5% dei contratti di gestione menzionati ha una durata superiore ai 15 anni, di cui l’8,6% superano la durata ventennale. Al Centro-Italia si registra la maggiore diffusione di contratti di gestione più brevi inferiori ai 4 anni (42,7% sul totale), all’opposto i contratti di lungo periodo dai 20 anni e più sono maggiormente diffusi al Nord-Ovest con una prevalenza del 15,2% sul totale degli impianti in quell’area. La durata contrattuale più diffusa al Nord-Est è invece dai 5 ai 9 anni (40,3%), mentre nelle isole la quota dei contratti tra i 15 ai 19 anni è superiore alle altre ripartizioni (10,8%). Quanto alla tipologia di contratto di gestione più diffuso a livello nazionale troviamo la concessione gratuita (32,5%), seguita da convenzione onerosa (26%) e pagamento di un canone di concessione (23,1%); infine altre forme contrattuali (18,5%).
Per la gestione degli impianti nel Mezzogiorno prevale pagamento canone, al Nord la concessione gratuita
Nelle regioni del Sud il contratto di gestione più diffuso è quello che prevede il pagamento di un canone (42,2%). Valore che si configura sopra la media nazionale registrata nel campione e negli impianti del Centro-Nord dove, al contrario, la diffusione di questo tipo di contratto quasi si dimezza al 20,9%. È, al contrario, la concessione gratuita la forma contrattuale più diffusa al Centro-Nord dove un impianto su tre del campione analizzato è concesso in gestione gratuitamente (33,2%), con un picco nel Nord-Est (34,5%). Nelle regioni del Mezzogiorno la gestione a concessione gratuita riguarda il 27,9% degli impianti con un minimo registrato al Sud (26,7%).
Le condizioni delle strutture e degli impianti sportivi
Al Mezzogiorno si registra una percentuale di impianti parzialmente funzionanti pari al 17,7% sul totale del campione, più del doppio rispetto all’8,29% del Centro-Nord. Secondo i gestori, la metà degli impianti parzialmente funzionanti del Mezzogiorno necessitano di urgente ristrutturazione a causa dello stato di usura. Con riferimento all’anno di costruzione è emerso che la metà degli impianti su tutto il territorio nazionale (il 54%) ha più di trent’anni e il 33% addirittura più di quarant’anni. Solo il 20% degli impianti sul territorio nazionale è stato costruito dopo il 2010.
Un impianto sportivo su cinque non è fruibile da persone con disabilità
Il 78,23% degli intervistati dichiara che gli spazi dell’attività sportiva sono accessibili agli utenti con disabilità. Dunque, sul territorio nazionale almeno un impianto sportivo su cinque non è fruibile da persone con disabilità. La quota di impianti in cui l’accessibilità non è garantita si attesta intorno al 21% ed è omogena sia al Centro-Nord che al Mezzogiorno. Se escludiamo però le Isole, gli impianti delle regioni meridionali peggiorano la performance in termini di accessibilità: la quota di quelli non accessibili sale al 27,5%. Continuando ad analizzare l’accessibilità, ma guardando stavolta agli spazi per gli spettatori, nella metà degli impianti del campione (il 48,74%) sul territorio nazionale non è garantito l’accesso a spettatori disabili (Fig. 10). La quota degli impianti privi di posti accessibili sale nel Mezzogiorno al 54% degli impianti, mentre scende di poco al 47,38% nelle regioni del Centro-Nord.