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Serie C | 16 luglio 2024, 11:38

SESTRI LEVANTE Parte l'avventura di Andrea Scotto

La prima intervista esclusiva al neo mister dei Corsari

SESTRI LEVANTE Parte l'avventura di Andrea Scotto

Da ieri è cominciata ufficialmente l’avventura di Andrea Scotto sulla panchina del Sestri Levante. Il neo allenatore dei Corsari, nato il 16 marzo 1973, ha un passato da giocatore nelle fila di Lavagnese, Sestri Levante e Cicagna, da allenatore fin qui ha avuto soltanto esperienze nelle giovanili, seppur ad altissimo livello, con Lavagnese e, soprattutto, Entella. Una nuova scommessa per Stefano Risaliti che, dopo aver vinto quella con Enrico Barilari (ora al Sorrento) ci riprova dando fiducia a un tecnico all’esordio nel calcio dei grandi. Andiamo a scoprire il personaggio Andrea Scotto in questa prima intervista esclusiva per settimanasport.com

LE PRIME SENSAZIONI

“In questi primi giorni di lavoro ho visto subito un gruppo che vuole lavorare tanto e bene, certo sono emozionato, ma non mi vedrete mai parlare troppo o esternare le mie sensazioni, io sono un animale da campo, il mio habitat è quel terreno verde. Se sento la pressione? Devo dire di no, sento la stessa pressione che avevo quando allenavo i giovani, e poi è meglio che un allenatore non senta la pressione, altrimenti la trasferisce ai suoi giocatori e non è un bene”.

 

IL RITORNO AL SIVORI

“Dopo un anno in trasferta, si torna a giocare al Sivori, e sarà una grande gioia. Ho fatto sette anni a Sestri e so che se il pubblico vede la sua squadra sputare anima e sangue è sempre dalla nostra parte, e allora noi cercheremo di portarcelo, dalla nostra parte”.

COSA TI SPAVENTA E COSA TI STIMOLA

“Mi spaventa l’armata di squadre che dobbiamo andare ad affrontare, penso ad Ascoli, Ternana, Campobasso, Perugia, Entella, Spal, tutti questi nomi fanno paura, ma al tempo stesso abbiamo il grande stimolo di provare a batterle”.

IL RAPPORTO CON RISALITI

“Parto da un preambolo fondamentale, lui è stato un allenatore, e dal punto di vista della nostra conoscenza questo è un fattore importante. Ognuno di noi conosce i pregi e i difetti della persona che ha di fronte, lui è vulcanico ma è anche una persona molto preparata, starà a me e a lui capire quando e come intervenire nel reciproco rapporto”.

LA CARRIERA DA TECNICO NELLE GIOVANILI

“Quando ho smesso di giocare ho cominciato ad allenare nel settore giovanile della Lavagnese, poi mi ha chiamato Matteazzi a Chiavari e ho iniziato una lunga avventura. Sono partito coi giovanissimi, poi c’è stata la lunga parentesi con la Berretti con cui sono diventato campione d’Italia, ho raggiunto una semifinale, e un altro anno i quarti di finale. Poi altri quattro anni con l’Under 17, sono stati anni molto belli, anche li abbiamo raggiunto i quarti di finale, abbiamo sfiorato il calcio che conta, incontrando squadre molto forti. Poi altri quattro anni con gli Esordienti, quindi sono tornato coi ragazzi più grandi, e sono stato campione italiano e ho raggiunto una semifinale e una finale con gli under 16”.

LA DIFFERENZA FRA GIOVANILI E PRIMA SQUADRA

“Io credo che il rapporto umano sia alla base di tutti, per la prima volta dovrò avere a che fare con gli adulti, entrerò in uno spogliatoio diverso, ma cercherò di essere diretto e coerente come sempre, comportandomi così con gli adolescenti alla fine ho avuto un grande riconoscimento dal punto di vista umano, credo che con rispetto, sincerità e coerenza lo avrò anche dagli adulti. Certo di mezzo ci saranno sempre i risultati a darmi ragione o meno, ma questa è una legge non scritta”.

L’EREDITA’ DI BARILARI

Non mi offendo quando si dice che la società con me ha fatto un’altra scommessa. Barilari ha vinto la D, si è salvato in C giocando sempre fuori casa. Cosa poteva fare di meglio? Io credo e spero che esempi come Barilari, in Italia, siano sempre di più, ma non sempre viene data l’opportunità a tecnici cosi preparati come lui di allenare una squadra importante”.

COSA PORTI NEL TUO RUOLO DI ALLENATORE DI QUELLO CHE ERI DA GIOCATORE

“Con le maglie di Lavagnese, Sestri Levante e Cicagna, prima da centrocampista e poi negli ultimi anni da difensore, ero uno che sul campo dava tutto, ed è quello che chiedo ai miei giocatori. Ero sempre il primo a lottare e a caricare i compagni nello spogliatoio.  Io credo che un allenatore conti il 20% su una squadra che vince, ma il 70% su una squadra che perde. Il mio primo obiettivo sarà fare giocare i miei calciatori nei loro ruoli e farli divertire. Se sarò riuscito a fare prima di tutto queste due cose, sarò già un passo avanti”.

 

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