Parti sociali, istituzioni e studiosi si stanno confrontando sul tema del “nuovo” lavoro sportivo a Roma, nella sede del Cnel (venerdì 16 febbraio) e nella Facoltà di Giurisprudenza de La Sapienza (sabato 17 febbraio). Al centro dell’attenzione la riforma del lavoro sportivo nell’area del dilettantismo e in particolare il ruolo delle parti sociali e della contrattazione collettiva.
Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp, è intervenuto venerdì pomeriggio 16 febbraio, puntando l’attenzione su alcuni aspetti che rendono non semplice l’effettiva entrata in vigore della riforma, il cui peso rischia di ricadere soltanto sulle società sportive di base e sulle famiglie.
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“L’impianto della legge riconosce il diritto e la dignità del lavoro sportivo - ha detto Pesce - tuttavia l’attuale fase è molto delicata, perché il sistema delle associazioni e società sportive di base non può essere lasciato da solo a gestire il nuovo assetto del lavoro sportivo. Pensiamo soprattutto alle più piccole che si reggono sul volontariato, senza tralasciare il fondamentale aspetto delle semplificazioni per assicurare stabilità, sostenibilità economica e amministrativa”.
“C’è il peso che creano le disuguaglianze sociali del nostro Paese, tra Nord e Sud, in termini di impiantistica sportiva e di capacità di spesa delle famiglie, come è stato messo in luce dal Rapporto presentato recentemente da Svimez e Uisp. Le società sportive di base si fanno carico di una serie di spese legate al funzionamento degli impianti sportivi pubblici che molto spesso gestiscono. C’è il problema della salute dei lavoratori e delle loro tutele previdenziali. C’è il rischio della corsa artificiale ai brevetti, assecondata surrettiziamente da enti che promettono qualifiche sin troppo facili, senza alcuna tutela per chi si avvicina ai corsi per attività motorie sportive. Permane infine la necessità di armonizzare le norme delle riforme del terzo settore e quelle del sistema sportivo”.
“Questi problemi, che si accavallano allo storico sbilanciamento tra risorse assegnate all’alto livello sportivo e quelle, infinitamente più scarse, destinate allo sport sociale e di base, acuiscono la mole di problemi che si scaricano sullo sport di base. Per questo la piena applicazione della riforma va accompagnata con urgenti e coerenti politiche pubbliche a sostegno dell’associazionismo sportivo, evitando di lasciare da soli decine di migliaia di dirigenti di base. Da soli a far fronte ad un diritto, quello allo sport, che è diventato costituzionale e merita l’intervento pubblico”.
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Il confronto rientra nell’inaugurazione della 6^ edizione del Master in diritto e sport promosso dall’ateneo romano.