Serie D - 18 dicembre 2024, 09:41

STORIE IN BIANCONERO - UNO SCRIGNO DI EMOZIONI: GLI 85 ANNI DEL “RIBOLI”

La rubrica del sito della Lavagnese

STORIE IN BIANCONERO - UNO SCRIGNO DI EMOZIONI: GLI 85 ANNI DEL “RIBOLI”

Ha compiuto da poco 85 anni, ma non ha nessuna voglia di rinunciare ad essere la casa degli sportivi lavagnesi. Lo stadio di via Riboli, sede delle partite interne della Lavagnese, è oggi diventato una vera “bombonera bianconera”, ma quante avventure ha passato nella sua storia?

Si può solo immaginare quanto l’Unione dei fondatori abbia sofferto la mancanza di un terreno da gioco per i propri atleti, costretti a spostarsi nelle città vicine o ad allenarsi nelle piazze cittadine (soprattutto le attuali Marconi, Marini, della Libertà, Vittorio Veneto e Torino) senza una reale continuità di utilizzo. La sezione calcio andò via via riducendosi con gli anni, dato che non era possibile garantire l’attività di un campionato e chiedere costante ospitalità al Comunale di Chiavari. Di fronte alle frequenti proteste degli abitanti di fronte a lampioni in frantumi, urla di gioia ad orari inusitati, palloni su tetti, finestre e cappelli di nobildonne, liti con i vigili,  risultò una benedizione la notizia (1936) della donazione al Comune di Lavagna, da parte del benefattore Edoardo Riboli, di un appezzamento di terreno di mq 8.000, con l’impegno di finanziare la costruzione di un edificio scolastico ed appunto di un campo sportivo destinato al calcio, alla pallacanestro e al tennis, “dotato di moderni spogliatoi con pista per le corse e per i salti, col percorso di guerra e con gradinata”.

L’impianto, chiamato “Campo Sportivo del Littorio” risultava collocato in via Fieschi e venne inaugurato il 1° novembre 1939 con un’amichevole tra Genova 1893 A e B, scuotendo gli animi dei giovani lavagnesi dediti al calcio, che si prodigarono per ricostruire una squadra finalmente con le carte in regola per iscriversi ai campionati della F.I.G.C.

Arrivato il 2-3 con un tocco di Orlando in mischia al 78’ , i lavagnesi si difesero ancora più strenuamente, con Bellussi a sudare freddo allo scadere per una palla non trattenuta e spinta nel sacco da Oneto. L’arbitro annullò e consentì all’Unione di portare a casa l’intera posta e di proseguire la corsa verso i playoff.

Il Sestri Levante non avrebbe più perso ed avrebbe conseguito l’agognata salvezza senza ulteriori appendici post-campionato.

 

Terminata la guerra e ripristinato il manto erboso dopo l’occupazione dei carri armati americani, il Comune continuò a lavorare sulle opere finanziate da Riboli e, cambiando la toponomastica, gli dedicò dopo la sua morte (1950) la strada dello stadio, che attualmente va da piazza Marini a piazza Cordeviola. Ufficialmente mancherebbe invece l’intitolazione dello stadio, ma la stele dedicata all’illustre personaggio all’interno dell’impianto sportivo fu il pretesto che la stampa adottò per nominarlo “Stadio Riboli” in occasione delle partite di calcio della Lavagnese, denominazione che è poi rimasta fino ai giorni nostri.

 

Negli anni seguenti seguirono modifiche e ad un allargamento della capienza, tramite la creazione di una seconda tribuna di fronte a quella originaria e ad una terza nel lato della biglietteria (quella, per intenderci, confinante con il famoso podere del “fico di Bacherotti”). E’ del 1969 la dotazione dell’impianto di illuminazione (novità assoluta nel Tigullio), che ne permise l’utilizzo anche nei mesi estivi per i seguitissimi tornei notturni. La struttura del campo a schiena d’asino era accuratamente mantenuta, perché permetteva un migliore drenaggio in caso di copiose precipitazioni, ma quando il fango prevaleva, erano dolori. Occorreva l’aratro per ripianare le orme secche createsi. Si provarono altre soluzioni, non sempre fortunate: nel 1987 la Fossese ebbe il “Riboli” squalificato per il campo rivestito da ben 30 centimetri di sabbia di mare; poi si passò al fondo in terra battuta ed infine all’erba sintetica (2002).

 

Non sempre le esigenze delle società lavagnesi hanno trovato appoggio dal bilancio del Comune, proprietario dell’impianto: querelle come il ripristino di parti o dell’intera copertura delle tribune, il rifacimento del manto sintetico e degli spogliatoi si sono riproposte e protratte per molto tempo, sia perché la serie D conquistata dai bianconeri nel 2002 imponeva standard di sicurezza più elevati, sia perché con il passare dei decenni più clubs e più leve giovanili sottoponevano le strutture dello stadio ad un uso massivo. Dal 2020 l’amministrazione comunale ha affidato per otto anni la gestione del campo sportivo ai vertici dell’U.S.D. Lavagnese, in cambio di un intervento di restyling ed ammodernamento dello stesso. Uno sforzo indubbiamente notevole, un contributo alla città affinché abbia sempre una location dove i ragazzi possono vivere al meglio la propria passione. 

 

Articolo, interviste e foto a cura di Gianluigi Raffo

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